sabato 15 ottobre 2016

Visita parenti con pappagallini.


Una settimana senza aggiornare il blog continua a sembrarmi un tempo ingiustificabile. 
A mia discolpa, traslochi e visite parenti tendono a richiedere energia. 

Meno male che c'era mamma, però, ieri mattina. Con il tecnico di Internet è stata essenziale. Ché "avvisa quando passi", e mille "certo", poi ti butta giù dal letto alle nove del mattino.

Destreggiarsi, allora. Tra lui, il caffè, la doccia, la catatonia del fissare le scale coi residui del trucco della sera prima ancora incollati agli angoli degli occhi, tanto per ricordarti che in qualche momento sei stata un po' più decente di così. Il cellulare che squilla. Il padrone di casa. Diceva di averne bisogno per aprire una porta in legno, poi ("ma devo davvero venire?") salta fuori che per collegare i cavi bastava il portellino all'ingresso che aveva già aperto circa venti ore fa. Strada in più. Campanelli che si potevano evitare. Il leggero infarto del "qui non si può fare nulla" col contratto già firmato in calce a un foglio con sù scritto Vodafone. Poco importa, se davvero oggi può risolvere tutto. Nuove droghe, nuove esigenze. Prima ancora della saliera, ho un disperato bisogno del wifi. Oggi è Venerdì. Il Venerdì della Svolta. Il Venerdì che, dopo due notti di pioggia fuori luogo, ha finalmente ripristinato il Pantone azzurro acceso della Costa del Sol. (Ho visto gente spaesata nell'analizzare ombrelli, strade troppo lisce anche per ospitare pozzanghere, persone intontite dai due centimetri d'acqua improvvisamente comparsi sul letto del fiume). 




Ho un colloquio di lavoro, il primo qui. Ho scelto un look informale ma non troppo, con la camicetta bianca, i pantaloni neri e il portatile a ingobbirmi sulla spalla destra, stivato con amore nella borsa prestatami da Grace.

Non ci fosse stata mamma, con chi l'avrei lasciato il tecnico mentre armeggiava in casa? Così, invece, sono potuta anche fuggire via. A bordo di un autobus, e poi sulla scia della gente che camminava a passo medio-lento nelle viuzze del centro città. L'ufficio era in un edificio nuovo, primo piano, porta senza nessuna targa a confermare l'esattezza delle mie indicazioni. Dentro, in un sorriso, due ragazzi che, documentatisi al dettaglio sul mio conto, si preparavano a darmi il benvenuto nel loro incredibile staff.

L'azienda organizza tour gastronomici di Málaga. Il mio compito, qualora andasse bene, sarebbe accompagnare i turisti tra locali, degustazioni e corsi di cucina. L'ideale per integrare lo stipendio, forse non troppo per mantenere la linea. Mi danno appuntamento alla settimana prossima. Un giro di prova, poi chissà.

Esco da lì con il sorriso scemo di chi sente di aver iniziato a dare una qualche forma al suo futuro. Mi sento una versione molto meno ordinata di Monica di Friends, rafforzata dal fatto che davanti alla mia finestra vive un tizio che ha la tendenza a girare (mezzo) nudo per casa. Sorrido da sola, anche se il tecnico, dall'altra parte della cornetta, dice che la linea c'è, ma il mio router non funziona. Passo a chiedere lumi alla Vodafone. Mi danno il numero dell'assistenza clienti. Una tizia che mi chiama "cariño" con esagerata frequenza cerca di piazzarmi l'ennesima tessera di cui non ho bisogno alcuno. Da Starbucks, poi, la connessione é lenta da far schifo. Ma neanche questo importa. Oggi potrebbe cagarmi addosso un piccione - dritto sulla camicia bianca-  e sarei comunque, inderogabilmente, felice. 

In risposta al mio sorriso, il mondo gira come deve. Col router che invece funziona, in barba al tecnico e alle lamentele borbottate da una scala; con i gambas a la plancha di Casa Vicente, a cui darei il Nobel per la pace, la certificazione dell'Unesco come patrimonio dell'Umanità, la Presidenza del Governo, lo status di Paradiso terreno; con i graffiti nascosti in quegli angoli di Soho che trovi solo se ti perdi; con i pappagallini che squarciano in stormi di verde il cielo terso e meraviglioso del Paseo Maritimo di fronte a casa mia. Che lo guardo e penso che di quella passeggiata potrei fare un'abitudine domenicale. Che lo annuso, dietro al suo fumé di espetos, e penso sia buono da farne indigestione. Che lo ascolto, nelle chiacchiere lontane dei pochi bagnanti, nelle scarpe da corsa degli amanti dello jogging, dei ragazzi che si rinfrescano lanciandosi bottigliette d'acqua, e penso che abbia il suono della più completa allegria. 





Sullo sfondo, Málaga si staglia biancastra tra le gru del porto e le sue alture, confine di un mare calmo che sembra avere il potere di trasformare in speranze anche le impossibilità. 

E di colpo sento che ne è valsa la pena, di fare tutto quello di cui in questa settimana non vi ho ancora raccontato. Compreso strascicarsi un sacco di plastica enorme con le provviste per un reggimento prese in trip da prezzi bassi al Mercadona. Compreso bloccare le uscite dell'autobus con le mani stracolme di lenzuola e cuscini arancioni. Compreso passare 48 ore consecutive a lucidare anche gli angoli più remoti di una casa da rendere mia. Con Dani Martín che urla nasale dalle casse del Mac e io che gli vado dietro usando l'asta del mocio come microfono. 

Ché viene un giorno in cui tutta la fatica, dopo il Venerdí della svolta, si rilassa in soddisfazione. E mentre crolli sul tuo letto a due piazze, con tua madre ad approvarti nella stanza accanto, pensi a quanto sia immensamente bello poter dire che questa é la tua città. 






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